Severo di Antiochia: la riscoperta di un Padre della Chiesa siriana tra le sabbie del deserto

Scoperte papiracee nel deserto egiziano Tra Ottocento e Novecento numerose missioni archeologiche furono inviate in Egitto con il fine di reperire manufatti e papiri da acquisire per conto dei grandi musei e biblioteche europee: grazie a queste missioni furono scoperti numerosi rotoli di testi letterari greci, come la Costitutizone degli Leggi tutto…

Alla scoperta dell’epistolario di Gaio Sollio Sidonio Apollinare (430 circa – 486)

L’Epistolario di Sidonio Apollinare e l’epistolografia tardoantica Nella tarda antichità le pratiche e le forme della comunicazione scritta – e di quella epistolare in maniera particolare – sono ancora regolate dai canoni elaborati dalla cultura classica. Mentre un mondo «cade senza rumore», per riprendere le parole del titolo di un Leggi tutto…

Le Omelie Diverse di Basilio di Cesarea,
la Cappadocia di IV secolo
e l’omiletica morale cristiana

Basilio di Cesarea, Omelie diverse

«Chi, dunque, si purificò maggiormente con l’aiuto dello Spirito e si rese degno di esporre le cose divine? Chi è stato di più illuminato dalla luce della conoscenza ed è penetrato nelle profondità dello Spirito, scrutando con l’aiuto di Dio le cose di Dio? Chi ebbe un linguaggio che fosse interprete più efficace dei propri pensieri, così da non zoppicare, come fa la maggior parte degli uomini, in nessuno dei due casi, né quando il pensiero non trova modo di esprimersi né quando l’espressione non è conforme al pensiero, ma segnalandosi con uguale fama nell’uno e nell’altro caso e mostrandosi sempre all’altezza di se stesso e profondamente equilibrato? […] Di Basilio la bellezza era la virtù, la grandezza la teologia, il corso l’incessante movimento che conduce e innalza fino a Dio, la forza il seme della parola e la sua distribuzione, tanto che io posso dire, senza alcuna esitazione, che la sua voce si è diffusa su tutta la terra e la forza delle sue parole ha toccato i confini del mondo, secondo quanto Paolo disse agli Apostoli, prendendo da Davide questa espressione (Sal 19 [18], 5; Rm 10, 18). […] Quando ho per le mani il suo Esamerone e lo riferisco con la mia lingua, io mi ritrovo con il Creatore, comprendo le ragioni della creazione e ammiro il Creatore più di prima, quando avevo come maestro soltanto la mia vista. Quando mi trovo a leggere i suoi scritti controversiali, io vedo il fuoco di Sodoma, dal quale sono incenerite le lingue malvagie e violente, o la torre di Calane, iniquamente costruita e giustamente abbattuta. Quando sono a leggere quei suoi scritti che trattano dello Spirito, io ritrovo il mio Dio ed esprimo liberamente la verità, perché mi fondo sulla sua teologia e sulla sua contemplazione. Quando ho a che fare con gli altri commentari, che egli ha composto per coloro che sono di scarsa perspicacia, dopo averli per tre volte incisi sulle robuste tavolette del suo cuore, mi convinco a non fermarmi alla lettera e ad esaminare non solo gli elementi più in superficie, ma a spingermi oltre e a passare da profondità a profondità, richiamato all’abisso dall’abisso, e trovando luce grazie a luce, fino a quando non giunga al punto più alto. Quando leggo gli encomi dei martiri, non tengo conto del corpo, sono con quelli che elogio e mi desto per la lotta. Quando mi occupo dei discorsi che riguardano la morale o la vita pratica, mi purifico nell’anima e nel corpo, divengo un tempio per ospitare il Signore e strumento percosso dallo Spirito, inneggiante alla gloria e alla potenza divina: da lui traggo la mia armonia e il mio ritmo, grazie a lui sono diventato altro da quello che ero, subendo metamorfosi divina».

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Giovanni Crisostomo si interroga sulla sofferenza del giusto e sull’esperienza del male in un fondamentale commento al libro di Giobbe

La prima traduzione italiana del Commento al libro di Giobbe di Giovanni Crisostomo

Nel volume n.256 della Collana dei Testi Patristici viene fornita per la prima volta la versione integrale del Commento a Giobbe di Giovanni Crisostomo (introduzione, traduzione e note di Lucio Coco, Città Nuova, Roma, 2018, pp. 256). Si tratta di un testo, probabilmente redatto negli anni in cui era sacerdote ad Antiochia (386-398), che impegna il padre greco in un imponente sforzo interpretativo in relazione ai grandi problemi teologici e spirituali che la sofferenza del giusto e la presenza del male impongono quando se ne voglia cogliere il senso e interrogarne il perché.
Nel raccontare la storia di Giobbe, il Crisostomo, fedele al modello ermeneutico di scuola antiochena, segue alla lettera il testo biblico.

Commento a Giobbe – collana Testi patristici

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L’A Diogneto: una perla della letteratura cristiana antica in alcuni documenti del Concilio Vaticano II

L’A Diogneto come perla della letteratura cristiana antica L’A Diogneto (II-III sec.), di cui patristics.it ha già parlato (vedi: Introduzione alla lettura dell’A Diogneto), suscita da sempre interesse per le sue qualità letterarie e teologiche. Breve e suddiviso in dodici capitoli, di cui solo i primi dieci sicuramente autentici, viene Leggi tutto…

Alla riscoperta di un “illustre sconosciuto”: Pomerio e il De vita contemplativa

La casa editrice Città Nuova ha avuto la lodevole iniziativa di pubblicare la traduzione italiana di un testo chiave per lo sviluppo della Chiesa all’interno dell’occidente cristiano, di grande diffusione e influenza nel Medioevo, ma oggi infelicemente dimenticato come il suo autore: il De vita contemplativa di Pomerio, opera tradotta e curata da Mario Spinelli. È quindi interessante mettersi sulle tracce di questo autore, che lo stesso Spinelli definisce, attraverso un efficace ossimoro, un “illustre sconosciuto”

Pomerio, La vita contemplativa
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La tradizione siriaca
dei Carmi di Gregorio Nazianzeno

Gregorio Nazianzeno, Poesie

Gregorio Nazianzeno, un profilo biografico

Nel contesto della vita della Chiesa di IV sec. spicca, accanto ad Atanasio d’Alessandria, Basilio di Cesarea e Gregorio Nisseno, la figura di Gregorio Nazianzeno, per i Bizantini “il Teologo” per antonomasia. Con la sua opera, il suo magistero e la sua raffinata paideia, egli lasciò un’impronta profonda sul dibattito dottrinale della sua epoca, contribuendo in maniera determinante alla lotta contro gli eretici (in primis ariani e pneumatomachi), alla definizione e precisazione della teologia trinitaria e al corretto inquadramento del problema cristologico, emerso in tutta la sua complessità con Apollinare di Laodicea e destinato a dominare il dibattito teologico dei secoli successivi. La sua produzione letteraria comprende 45 Orazioni (di cui una – la 35 – spuria), un ricco epistolario ed un massiccio corpus di poesie, «185 carmi di vario genere e più di 250 tra epigrammi ed epitafî, per un totale di oltre diciottomila versi» (C. Moreschini, I Padri Cappàdoci. Storia, Letteratura, Teologia, Città Nuova, Roma 2008, p. 142).

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