Cosma Indicopleuste: la vita e le opere

L’imminente uscita della prima traduzione italiana in assoluto della Topografia Cristiana di Cosma Indicopleuste nella Collana di testi patristici di Città Nuova (traduzione, introduzione, note e indici di Carlo dell’Osso, con saggio introduttivo, note e indici di Gabriele Castiglia) offre numerosi spunti di riflessione sulla figura dell’autore e sulle numerose tematiche da egli trattate.

Cosma era molto probabilmente originario di Alessandria d’Egitto e, nonostante la sua opera si giunta a noi in versione pressoché integrale, poco sappiamo della sua vita, per quanto non manchino sporadici riferimenti autobiografici nel suo scritto. L’autore aveva circa venticinque anni quando si recò ad Adulis, nel Corno d’Africa, all’inizio del regno dell’imperatore Giustino (518-527 d.C.), così che possiamo verosimilmente inquadrarne la nascita negli anni finali del V secolo, grossomodo tra il 490 ed il 495. Cosma, inoltre, si definisce un “commerciante” e possiamo dedurre come fosse impegnato soprattutto nel commercio delle spezie; ciononostante, la sua Topografia Cristiana è un’opera che tradisce molteplici interessi da parte dell’autore, nonché una cultura ed una formazione multi sfaccettata, che spaziava dal commercio alla geografia, dalla cosmogonia alla teologia.

A sollevare dei dubbi è inoltre il suo nome che, come è stato evidenziato in maniera convincente da numerosi studiosi, doveva verosimilmente essere uno pseudonimo. “Cosma”, infatti, sembra derivato dall’argomento della sua opera, ossia il cosmo, così pure “Indicopleuste”, che farebbe riferimento ad un suo presunto viaggio, di cui non siamo assolutamente certi, che lo avrebbe portato fino all’India e all’isola di Taprobane, l’attuale Ceylon, Sri-Lanka.

L’unica sua opera a noi giunta è appunto la Topografia Cristiana, monumentale trattato articolato in dodici libri, redatto ad Alessandria d’Egitto negli anni compresi tra il 543 ed il 553. È bene evidenziare come solamente i primi cinque libri, con certezza, andavano a comporre il nucleo originario dell’opera, mentre quelli dal sesto al decimo sarebbero stati aggiunti successivamente. Inoltre, parte della critica ritiene che il decimo e l’undicesimo, inoltre, sarebbero il risultato di interpolazioni più tarde da parte di copisti medievali, per cui non vi è certezza circa la loro autenticità.

La Topografia Cristiana come trattato geografico, tra certezze ed ambiguità

Cosma si concentra su numerose tematiche, soprattutto di carattere teologico, ma una parte non trascurabile del suo scritto si rivolge all’approfondimento di questioni geografiche e topografiche, come recita la stessa intitolazione dell’opera. Del resto, è lo stesso soprannome dell’autore – Indicopleuste – a connotarlo come un grande viaggiatore, sebbene su questo aspetto la critica abbia sollevato alcuni dubbi, mettendo in discussione il fatto che Cosma avesse effettivamente visitato tutti i luoghi descritti nel testo, come già evidenziato.

L’approccio dell’autore alla materia geografica, però, parte da una base che solleva numerose problematicità: è infatti ben noto come uno dei canovacci principali che alimentano la Topografia Cristiana sia il costante riferimento alla Terra come entità geofisica piatta, disattendendo completamente quei progressi negli studi geografici e cosmografici che, già nel VI secolo, erano arrivati a comprenderne la sfericità e, anzi, addirittura deridendo con disprezzo i latori di queste teorie (ancorate alle pioneristiche ricerche di Aristotele e Tolomeo), bollandoli spesso come eretici e miscredenti. A colpire in particolar modo è il fatto che proprio ad Alessandria d’Egitto – ormai quasi unanimemente accettata come luogo in cui l’opera di Cosma venne redatta – fiorisse, negli stessi anni, quel Giovanni Filopono, autore, tra varie opere, del De Opificio Mundi o dei commentari alla Fisica e Metafisica di Aristotele, fautore di un approccio cosmografico che ben riconosceva l’impossibilità della non sfericità del pianeta.

É inoltre imprescindibile cercare di scindere tra le informazioni che, con pochi dubbi, Cosma raccolse di prima mano – visitando personalmente determinati luoghi – da quelle che, invece, provengono dai racconti fatti da altri viaggiatori e mercanti e, dunque, di seconda o terza mano e non frutto di una testimonianza autoptica da parte dello storico alessandrino. Fermo restando che, scorrendo l’opera nella propria completezza, appaia evidente come la maggior parte dei libri siano dedicati a questioni teologiche, è soprattutto nel II e nell’XI che Cosma offre degli importanti affondi geografici, dedicati prevalentemente a due aree, l’Africa Orientale (definita sovente, con una sorta di sineddoche, come Αἰθιοπία) e la penisola Indiana.

 

Cosma Indicopleuste e il suo viaggio nel Corno d’Africa

Per quanto attiene al primo contesto, non sussistono dubbi sul fatto che l’autore abbia visitato personalmente e a lungo il Corno d’Africa, concentrandosi precipuamente sui grandi centri del regno aksumita, su tutti l’eponima capitale Aksum, oggi in Etiopia, e la città-porto di Adulis, nell’attuale Eritrea.

Molti più dubbi, invece, sussistono circa la sua effettiva visione e conoscenza autoptica delle terre indiane: tale incertezza sorge innanzitutto da una questione di tipo filologico, dal momento che si hanno dei riferimenti precipuamente nel libro XI che, secondo buona parte della critica letteraria, potrebbe essere stato aggiunto in un secondo momento da copisti medievali e, dunque, andrebbe a configurarsi come un’interpolazione seriore.

La visita di Cosma nel Corno d’Africa assume un’ulteriore importanza alla luce della diffusione del verbo cristiano nell’area, ove aveva iniziato a radicarsi già a partire dal IV secolo, come certificato in prima istanza dal racconto di Rufino di Aquileia nella sua Historia Ecclesiastica. Lo storico, infatti, narra di come due fratelli, Frumentius ed Aedesius, originari di Tiro, viaggiassero sulla nave di Meropius, filosofo e loro mentore, anch’esso proveniente da Tiro. Nel viaggio di ritorno dall’India, la nave sarebbe stata attaccata da dei pirati, probabilmente all’imbocco del Mar Rosso, ed i due fratelli portati alla corte aksumita come ‘doni’. Qui entrarono subito nelle grazie dei regnanti e, morto il re, Ousanas, si occuparono dell’educazione dell’erede (Ezana), fino a quanto questi raggiunse l’età per assurgere al trono. A questo punto Frumentius sarebbe andato in visita ad Alessandria d’Egitto, presso il patriarca Atanasio che, istruito sulla necessità di designare un episcopato in territorio etiope, nominò lo stesso Frumentius presule della capitale aksumita.

Cosma, inoltre, visitò personalmente Adulis, dandocene resoconto nel secondo libro della Topografia Cristiana: scopo di questa missione, infatti, era quello di trascrivere due epigrafi – una vergata direttamente sul cosiddetto ‘trono di Adulis’ e l’altra su una lastra posta subito dietro di esso, note anche come Monumentum Adulitanum – con lo scopo di propiziare le campagne militari che il re aksumita Ἐλλατζβάας/Kaleb stava preparando aldilà del Mar Rosso, contro il reame di Himyar, nella penisola arabica.

 

Cosma Indicopleuste e l’Oceano Indiano

La presenza di Cosma ad Adulis, inoltre, consente di avanzare alcune riflessioni circa l’irradiamento del cristianesimo verso oriente, attraverso la direttrice dell’Oceano Indiano, di cui Adulis era uno dei principali porti di riferimento, collocandosi de facto in un luogo cerniera tra Mar Rosso e, per l’appunto, Oceano Indiano. Alcuni anni or sono, Eivind Heldaas Seland – archeologo dell’Università di Bergen –infatti, poneva l’accento sul ruolo che le direttrici commerciali marittime potessero aver giocato nelle dinamiche di cristianizzazione del regno e del grande polmone rappresentato dall’Oceano Indiano. Se da un lato è ben noto come i contatti oltremare avessero svolto un ruolo fondamentale nel definitivo slancio del cristianesimo, anche per quanto attiene la definizione di stilemi monumentali ed architettonici che, nel VI secolo, molto devono all’influenza dell’universo giustinianeo, dall’altro è del tutto lecito ipotizzare che, in un processo che guardava all’esterno, all’oriente estremo, proprio dalle sponde del Mar Rosso potesse essersi sviluppata una delle tracce di propagazione dell’evangelizzazione, in qualche modo alternativa a quella, più nota, passata via terra, che avrebbe interessato le Indie. Nello specifico, Cosma, in III-65 e in XI-14, fa riferimento ad una “chiesa” nell’isola di Taprobane (Sri Lanka), ove sarebbe stata presente una gerarchia ecclesiastica e, ovviamente, una comunità di fedeli: è curioso notare come nel primo caso (III-65) Cosma non faccia cenno alcuno all’origine di essa, mentre altrove, parlando della medesima chiesa, invece, ne espliciti un’origine “persiana”. Stessa cosa afferma parlando di altri nuclei cristiani a Malè e a Kalliana, molto probabilmente nell’area dell’attuale Karnataka, nell’India sud-occidentale, il cui presule sarebbe stato “un vescovo ordinato in Persia”, così come anche a Dioscoride, attuale arcipelago di Socotra, oggi afferente allo Yemen, all’imbocco del Golfo di Aden, porta del Mar Rosso. Cosma inoltre racconta dettagliatamente della visita effettuata proprio a Taprobane da un gruppo di mercanti ‘romani’ e adulitani guidati da Sopatro e di un altro di provenienza persiana: aldilà della quaestio legata all’analisi delle vie commerciali che questo passo ci fornisce, tale vicenda è interessante, seppur indirettamente, anche per quanto concerne la disamina della diffusione religiosa, presentando, nella personificazione dei mercanti, proprio quelle che sono ipotizzate come le più accreditate zone di partenza e transito per l’arrivo del Cristianesimo in India, cioè la via persiana e quella bizantino/aksumita.

Molti sono gli spunti ulteriori che la Topografia Cristiana può dare – per i quali si rimanda al volume di imminente uscita. Essa, infatti, offre chiavi di lettura molteplici e stratificate, tradendo da un lato imperfezioni grossolane e non degne di fede ma offrendo, dall’altro, informazioni a tratti sorprendenti per precisione ed attendibilità, con significativi riverberi nella materialità archeologica e di un racconto storico che agglutina commercio, religione, teologia, cultura, curiosità ed esotismo ante litteram. L’Indicopleuste – che, a discapito del proprio soprannome, forse nelle Indie non giunse mai personalmente – declina pertanto tale pluralità anche nel titolo apposto a suggello del proprio vasto trattato che diviene, per l’appunto, una globale “Topografia Cristiana”.

 


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