Parafrasi del Vangelo di san Giovanni – collana Testi patristici

Nonno, un misterioso poeta tardoantico

Alessandria d’Egitto, V secolo della nostra era. La metropoli fondata da Alessandro Magno nei pressi del delta del Nilo è ancora un fiorente scalo commerciale e un vivace centro culturale e religioso, rinomato in particolare per lo studio della filosofia, della retorica e della medicina. Lì convivono – non senza momenti di tensione – una maggioranza di popolazione di fede cristiana, un’attiva comunità ebraica e una minoranza pagana, che annovera tra le sue file intellettuali, filosofi e alcuni membri delle élites locali, mentre sul seggio episcopale è saldamente assiso l’influente Cirillo, strenuo baluardo dell’ortodossia contro le minacce dell’eresia nonché difensore del prestigio e dell’autonomia della propria sede nei confronti delle ingerenze sia imperiali che dei vescovi di altre importanti città (come, ad esempio, Costantinopoli e Antiochia). È in questo contesto, così vario, cosmopolita e caratterizzato da un diffuso apprezzamento della cultura e dell’attività letteraria e poetica, che un poeta di nome Nonno compone la Parafrasi del Vangelo di san Giovanni.

La figura di Nonno resta tuttora avvolta in un fitto mistero. Di lui si sa soltanto, con una certa sicurezza, che proveniva dalla città di Panopoli, nell’Egitto meridionale, e che svolse almeno parte della propria attività letteraria appunto ad Alessandria, nei pressi della «vicina isola di Faro» – quella su cui era situato il celeberrimo faro, orgoglio e simbolo della città – per riprendere le parole di Nonno stesso (Dion. I 13). In contrasto con la scarsità di notizie sulla sua vita, la mole della produzione poetica di Nonno a noi giunta è imponente. Si tratta di due poemi: le Dionisiache, una monumentale epopea di più di 21 000 versi (è il più lungo poema epico della letteratura greca) che rivela la propria ambiziosità fin dal numero dei canti che la compongono (48, la somma di quelli di Iliade e Odissea messe insieme, quasi a voler rivaleggiare con Omero), e la più breve Parafrasi del Vangelo di san Giovanni. In un certo senso, però, proprio questi poemi hanno contribuito ad accrescere l’alone di mistero che circonda Nonno. Sì, perché le Dionisiache sono un poema epico basato sulla mitologia pagana, che racconta la vita e le imprese di Dioniso, il dio del vino e dell’ebbrezza, mentre la Parafrasi del Vangelo di san Giovanni, come si può facilmente intuire, ha un contenuto decisamente cristiano. Si tratta, insomma, di due opere all’apparenza così ‘antitetiche’ da suscitare le più disparate ipotesi circa la confessione religiosa del loro autore: si è parlato di una conversione di Nonno dal paganesimo al Cristianesimo o, in alternativa, di un suo atto di apostasia dal Cristianesimo per ritornare al culto degli dei pagani e si è anche talvolta messa in dubbio l’attribuzione a lui della Parafrasi. Ma, accantonate tutte queste ricostruzioni – e in particolare la prima, quella della conversione, che ha goduto di più duratura fortuna – sembra più plausibile pensare a un Nonno da sempre cristiano, che non avvertiva – vuoi per la propria formazione, vuoi per il retroterra culturale comune alle classi colte dell’epoca – come eccessivamente problematica la composizione di un’opera che aveva per protagonisti gli dei dell’Olimpo e gli eroi della mitologia classica.

La Parafrasi del Vangelo di san Giovanni

Negli ultimi decenni Nonno di Panopoli ha attirato in misura sempre crescente l’attenzione degli studiosi, nell’ambito di un incremento esponenziale dell’interesse per la Tarda Antichità e le sue manifestazioni artistiche e letterarie in generale. Se le Dionisiache hanno avuto qualche notorietà anche all’esterno della cerchia dei soli specialisti – non foss’altro che per la loro lunghezza e per il loro carattere per così dire di summa della mitologia classica e di repertorio erudito di miti rari e peregrini –, la Parafrasi è rimasta opera forse meno nota al grande pubblico, ma non per questo meno interessante. Ma che genere di opera indica questo titolo forse all’apparenza un po’ astruso? In questo caso specifico, con il termine «parafrasi» si intende una riscrittura di un testo di partenza in prosa (qui il Vangelo di san Giovanni) in poesia, e più precisamente nel metro (l’esametro dattilico) e nello stile propri dell’epica, il genere letterario ritenuto più solenne. Ciò non significa tuttavia che Nonno abbia compiuto solo una pura e semplice versificazione del testo del Vangelo, perché la parafrasi, in quanto riscrittura, come le altre forme di ‘traduzione’, implica un più profondo e personale apporto e coinvolgimento dell’autore. Certo, il contenuto e la successione degli avvenimenti del Vangelo di san Giovanni sono seguiti piuttosto fedelmente da Nonno e non si riscontrano omissioni troppo evidenti di interi episodi, a parte quella dell’incontro di Gesù con l’adultera (Gv 7, 53 – 8, 11), che però è un brano di autenticità piuttosto discussa già nell’antichità. Ma ciò che più conta è che la Parafrasi di Nonno si configura come una consapevole operazione esegetica: attraverso la trasposizione nel codice dell’epica, attraverso la scelta delle parole, le sottili espansioni del dettato giovanneo e, soprattutto, il massiccio impiego di una aggettivazione scelta con cura, che solo in pochissimi casi ha un puro valore ornamentale, Nonno compie un’opera di interpretazione del Vangelo di Giovanni. Il suo linguaggio altamente allusivo ed evocativo, assecondato dal ritmo particolarmente armonioso e riconoscibile dei suoi versi, fa risuonare gli echi non solo della grande tradizione letteraria greca (di Omero, Esiodo, Callimaco, Apollonio Rodio nonché della poesia di età imperiale, per citare solo alcuni esempi), ma anche degli aspri dibattiti teologici in seno al Cristianesimo dei secoli precedenti e a lui contemporanei, lasciando trapelare una profonda conoscenza dell’esegesi biblica. Da questo punto di vista, il principale punto di riferimento è costituito senz’altro da Cirillo di Alessandria: nella Parafrasi, Nonno ne adotta spesso soluzioni esegetiche, contenute soprattutto nel suo Commento al Vangelo di san Giovanni, al punto che il torno di anni in cui avvenne la ‘pubblicazione’ del Commento cirilliano (tra il 425 e il 428 d.C.) costituisce anche l’unico terminus post quem sicuro per la composizione della Parafrasi. Nonostante questo, la Parafrasi riserva comunque alcuni risvolti enigmatici. Ad esempio, alcune espressioni adottate da Nonno sembrano riprendere formulazioni cristologiche tipiche della scuola antiochena, fieramente avversata da Cirillo di Alessandria, e la posizione nonniana circa la processione dello Spirito Santo non appare del tutto conforme a quella cirilliana, elementi che spingono a interrogarsi sulle ragioni di queste scelte in controtendenza.   

L’atto di «parafrasare» in versi il Vangelo non è dunque un’operazione finalizzata al mero intrattenimento né motivata soltanto dalla volontà di innalzare il livello stilistico del testo. Motivazioni più complesse e di vario tipo sottostanno alla composizione di un poema come la Parafrasi. Si tratta di un’opera rivolta in particolare agli uomini di cultura e agli intellettuali, tra i quali però si contavano anche alcuni pagani, come i filosofi neoplatonici, ad esempio. Ecco allora che si può comprendere come la Parafrasi abbia il ruolo da un lato di sostenere i capisaldi dell’ortodossia cirilliana e di contribuire alla loro diffusione, dall’altro di creare un ‘ponte’ che permetta una sorta di dialogo con la minoranza pagana, adempiendo anche al contempo per così dire una missione evangelizzatrice. In tal senso si può spiegare la scelta del testo da parafrasare: il Vangelo di san Giovanni era ritenuto quello più ‘spirituale’ e filosofico e il suo prologo, incentrato sul Logos, sul Verbo, aveva riscosso un certo interesse anche in àmbito neoplatonico. E, vista in questa luce, anche la scelta di trasporre il Vangelo nella lingua e nello stile dell’epica, ricchi di riprese dagli antichi autori pagani, si rivela densa di implicazioni: è sì un modo per recuperare alla causa cristiana autori fondamentali, ma è anche e soprattutto un’opportunità per trovare una ‘lingua’ comune, un ‘terreno d’incontro’ basato su un bagaglio culturale condiviso, attraverso una raffinata veste letteraria che doveva risultare attraente per un’ élite colta, composta sia da cristiani che da pagani.

Come si è potuto vedere, la Parafrasi è dunque un testo di grande profondità e complessità dal punto di vista sia letterario che storico-religioso, dotato di un importante significato culturale e aperto a molteplici chiavi di lettura. Un’opera così interessante merita di essere maggiormente conosciuta e apprezzata anche da un pubblico più vasto. A questa esigenza sopperisce la casa editrice Città Nuova con il recente volume Nonno di Panopoli. Parafrasi del Vangelo di san Giovanni (Collana di Testi Patristici 263), traduzione con introduzione e commento dell’opera nonniana da me curata. Si tratta della prima traduzione integrale italiana della Parafrasi: in precedenza, infatti, in lingua italiana erano state pubblicate edizioni critiche con traduzioni e approfonditi commenti – peraltro eccellenti – solo di alcuni canti del poema. La traduzione edita da Città Nuova vuole restituire il più fedelmente possibile la profondità del testo greco, tentando anche di riprodurre il suo registro stilistico elevato. L’ampio commento affronta le spinose questioni testuali, interpretative e storico-religiose della Parafrasi, cercando di rendere comprensibili al lettore anche i punti in cui la dizione nonniana si dimostra volutamente ricercata e ‘barocca’ oppure oscura. L’introduzione offre un inquadramento generale aggiornato su Nonno e la sua opera. Il volume, insomma, vuole essere uno strumento utile sia per chi si accosta per la prima volta alla lettura di Nonno spinto dalla curiosità che per gli studiosi più avanzati. E vuole anche essere un ulteriore tassello nella riscoperta e nella rivalutazione di un’opera come la Parafrasi, affascinante operazione di sintesi tra cultura classica e Cristianesimo ed eminente testimonianza della vivacità intellettuale del Tardoantico.


Matteo Agnosini

Matteo Agnosini si è formato presso la Scuola Normale Superiore e l'Università di Pisa. Studioso di letteratura greca tardoantica e cristiana antica, si è occupato in particolare dell'opera di Nonno di Panopoli (V sec. d.C.), della produzione poetica di Gregorio di Nazianzo (330-390 d.C.) e della ricezione del classico. Attualmente sta preparando una traduzione italiana con note dello scritto Contro Nestorio di Cirillo di Alessandria e un'edizione critica con commento del carme II 1, 45 di Gregorio di Nazianzo. Tra le sue pubblicazioni, oltre al volume Nonno di Panopoli. Parafrasi del Vangelo di san Giovanni, recentemente edito da Città Nuova (Roma 2020), si contano vari articoli e recensioni: Lo scudo di Dioniso (Dionysiaca XXV 380-572), «Maia» 62 (2010), pp. 334-352; Il destino di Ifigenia da Euripide a Gluck, «Dioniso» 1 (n.s.) (2011), pp. 213-238; Dioniso e Cristo nelle attuali prospettive di studio: in margine a un recente contributo, «Medioevo Greco» 15 (2015), pp. 283-298; Giamblico e la divinazione κατὰ τὸ φανταστικόν. Verso l'integrazione di un genere divinatorio: il caso dell'idromanzia, in H. Seng - L. G. Soares Santoprete - C. O. Tommasi (Hg.), Formen und Nebenformen des Platonismus in der Spätantike, Heidelberg 2016, pp. 219-241; e ancora altri studi.

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